31 mag 2015

RECENSIONE: - LE STANZE BUIE - FRANCESCA DIOTALLEVI

Più riguardo a Le stanze buie
AUTORE: Francesca Diotallevi
CASA EDITRICE: Mursia
DATA PUBBLICAZIONE: 2013

Torino, 1864. Un impeccabile maggiordomo di città viene catapultato nelle Langhe: per volere testamentario di un lontano zio, suo protettore, dovrà occuparsi della servitù nella villa dei conti Flores. Il protagonista si scontra così con il mondo provinciale completamente diverso da quello dorato e sfavillante dell'alta società torinese e con le abitudini dei nuovi padroni e dei loro dipendenti. Nella casa ci sono un conte burbero, una donna eccentrica e anticonformista, ma anche sola e infelice, un cameriere dalla doppia faccia e una vecchia che sa molte cose, ma soprattutto c'è una stanza chiusa da anni nella quale non si può assolutamente entrare. A partire da questo e da altri misteri il maggiordomo si troverà, suo malgrado, a scavare nel passato della famiglia per scoprire segreti inconfessati celati da molto tempo e destinati a cambiare per sempre la sua vita.

Per farvi capire subito di che pasta sono fatta: quando ho letto “La straniera” di Diana Gabaldon, la sera in cui arrivai al punto in cui succede una certa cosa a Jamie, il meraviglioso protagonista (e chi l’ha letto sa benissimo a cosa mi riferisco), non sono riuscita a dormire. Tutta la notte. Stavo troppo male per Jamie. Non sto scherzando purtroppo, vorrei tantissimo stare scherzando adesso, ma sono seria: non ho dormito per davvero. Lo so cosa state pensando ora, state pensando: “Ehy amica, non vorremo dirtelo così brutalmente, ma… come dire… Jamie non esiste.”
Eh lo so, amici, lo so che non esiste. Purtroppo ripetermi questa cosa, quella sera, non è servito, non ho dormito lo stesso.
Così come ieri sera ripetertmi “Dài Manu, Vittorio e Lucilla non esistono. Non esistono. Sono nati dalla mente di Francesca Diotallevi. Ora dormi.” non è servito. Non sono riuscita ad addormentarmi perché stavo troppo male. Stavo male in maniera diversa rispetto a Jamie, perché accadono cose completamente diverse, ma esattamente come quella sera stavo troppo male per prendere sonno. E questo, sembrerà assurdo, ma per quanto mi riguarda è un grosso complimento all’autrice, perché é riuscita a farmi sentire i personaggi così vicini e così profondamente da creare l’illusione perfetta di farmi provare le loro stesse emozioni.E che emozioni… Emozioni così forti che a me personalmente danneggiano il sonno, cavolo.
Il romanzo di F.D. è un po’ misterioso, un po’ dark, un po’ romantico, un po’ struggente e malinconico, a volte un po’ pauroso (non nascondo che alcune sere, in alcuni punti, ho faticato un po’ a spegnere la luce prima di dormire, cosa che leggendo finora mi era successa solo con Seven King), e con dei personaggi e dei dialoghi che vi rimarranno addosso anche dopo aver chiuso il libro.
E che dire della prosa? Una prosa di un’eleganza che raramente si trova negli esordienti italiani, ma nonostante il linguaggio a volte aulico ed evocativo, con immagini e metafore ricercate, non risulta mai pesante o pedante, o troppo prolisso. È sempre scorrevole, e insomma, è davvero un piacere da leggere; in una parola: perfetto.
Ora che l’ho finito, sento la mancanza di Vittorio e Lucilla, e come sempre mi succede con i bellissimi libri, non ho voglia di iniziare altro per non lasciar andare l’impressione di loro, la loro invisibile presenza. Non so se capita anche a voi. E ora che ho finito questa recensione, come sempre mi succede con i bellissimi libri, ho la netta impressione di non avergli reso giustizia… Sigh.
Spero vogliate dargli una possibilità nonostante la mia inadeguatezza, sono certa che non ve ne pentirete. Hasta luego.


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