9 dic 2015

RECENSIONE: - CITY IN EMBERS - STACEY MARIE BROWN


CITY IN EMBERS
auto-pubblicato
Pagine 458
parte di una serie intitolata Collector.

«My home was burning into embers and ash. Along with my heart»
«La mia casa bruciava tra ceneri e braci. Insieme con il mio cuore».

La prima cosa che mi viene in mente quando penso a questo romanzo è in assoluto la sua prosa. Pur non essendo di madrelingua inglese, non ho potuto non notare la bravura di questa autrice, il cui stile definirei poetico ed evocativo.
Mary Stacey Brown è riuscita, con poche sapienti pennellate, a farmi percepire l’odore di bruciato della città di Seattle, devastata da una terribile tempesta di fulmini. É riuscita a farmi entrare nella storia come pochi autori hanno saputo fare fino ad ora.

«You always think there will be a tomorrow. More time. Then the tomorrow is taken from you, ripping hope and your future from you».
«Pensiamo sempre che ci sia un domani. Il più delle volte. Poi il domani ti viene portato via, ti viene strappata la speranza e il tuo futuro».

Il senso di dolore, tradimento, confusione e disperazione della protagonista mi sono entrati dentro, amplificati dalle descrizioni di questo scenario devastante. Una città ridotta in cenere, continuamente battuta dalla pioggia, con un freddo che ti penetra nelle ossa e arriva fino all’anima.

«Io avevo capito che le persone non mi volevano davvero per ciò che ero, così imparai ad adattarmi e a interpretare un ruolo per sopravvivere».

Dove iniziare per parlare di questo piccolo gioiello?
Forse dovrei partire da ciò che non è. City in Embers a mio giudizio, non è un romanzo che ha come tema principale l’amore, almeno nel senso stretto del termine. I due protagonisti si odiano e finiranno col rispettarsi, forse sentirsi persino, fisicamente e caratterialmente, attratti l’uno dall’altro, ma ciò che li unisce è anche ciò che li divide. Quindi sappiate che in questo romanzo non verrà scambiato neppure un bacio.
Detto questo posso garantirvi che City in Embers è un romanzo imperdibile. La storia per me è un puro pretesto per raccontare quella che è una delle paure più primordiali: la paura del diverso.
 Zoey è un’orfana, cresciuta tra furtarelli, risse e combattimenti illegali. Passata da una famiglia a un’altra, sembra trovare un certo equilibrio quando incontra la piccola Lexie, una bambina paraplegica che in qualche modo tira fuori il meglio di Zoey. E poi c’è Daniel, un uomo di quarant’anni che, come la protagonista, lavora presso il DMG (dipartimento di genetica molecolare) con il ruolo di collettore di Fae, ovvero esseri magici, prelevati e studiati per trovare cure a malattie umane.
Zoey sente di amare profondamente quest’uomo che le ha insegnato ad essere una persona più pacata, più dolce e, per certi aspetti, più femminile. Daniel però non ricambia questi sentimenti, più che altro perché sente di essere troppo vecchio per una ragazza appena ventenne.
Ma un giorno tutto cambia. Una terribile tempesta di fulmini si abbatte su Seattle distruggendo la città e uccidendo moltissime persone, tra cui anche la piccola Lexie. In quello stesso istante Daniel e Zoey si trovano davanti un gruppo di Fae che discutono tra loro su una presunta pietra da scambiare. Daniel viene ucciso e Zoey viene colpita da un fulmine che passa attraverso Ryker, uno dei Fae presenti in quel momento. Quando si risveglieranno si ritroveranno da soli in una città in fiamme, con Daniel seppellito tra le macerie e la fidanzata di Ryker rapita dai suoi avversari. Il peggio, però, è che la scarica elettrica ha trasferito parte dei poteri di quest’ultimo a Zoey.
La ragazza si ritrova così legata a doppio filo alle sorti di questo gigantesco Fae dal corpo di un Vichingo e gelido come un ghiacciolo. Braccati da coloro che vogliono la famosa pietra e dal DMG che crede che Zoey aspetti un figlio da un Fae e quindi sia sostanzialmente una traditrice, la ragazza e Ryker, si vedranno costretti a collaborare.

«So che mi odi. Credimi il sentimento è reciproco, ma noi siamo costretti a stare insieme» (…)
«Che ti sia chiara una cosa, Umana. La sola ragione per cui sono qui è perché hai qualcosa che mi appartiene. Nel momento in cui la riavrò indietro, me ne andrò».

Zoey e Ryker hanno tanto in comune: la testardaggine, il coraggio, la perdita di persone amate e il disprezzo per la razza altrui. Zoye si chiude in se stessa, tormentata dalla perdita di Daniel e Lexie, mentre Ryker fa il possibile per ridurre al minimo i contatti con la ragazza, rifiutandosi persino di chiamarla per nome.

«Three time. He has said my name three times».

Questo è stato uno dei momenti più emozionanti dell’intero romanzo, quando Ryker finalmente chiama Zoey per nome, accettando il fatto che questa ragazza non è un’umana qualunque, un essere generalizzato, stereotipato e odiato per il semplice fatto di appartenere a una specie inferiore. É una persona precisa, con pregi e difetti, con un passato non troppo diverso dal suo e un futuro incerto come il suo.

«Con o senza i poteri, sarei tornato indietro per te» dice Ryker a un certo punto. A dimostrazione del fatto che Zoey non è più un essere astratto, ma è entrata suo malgrado a far parte del mondo di Ryker.
«Sei consapevole di aver salvato un Fae?». La sua voce un sussurro.
«Ho salvato te».

 Eppure Zoye e Ryker sono divisi proprio da ciò che li unisce, perché Ryker non può dimenticare che Zoey, a suo modo, gli ha rubato i suoi poteri, che sono da secoli parte integrante del suo essere. A sua volta Zoey non può dimenticare che il suo vero amore, Daniel, è morto per mano di un Fae e che provare anche solo attrazione per Ryker è un po’ come tradire la memoria di Daniel.
Potrei continuare a parlare di questo romanzo per ore, anche perché la trama è molto complessa e vi ho dato ben pochi accenni, per evitare di fare spoiler. Spero di avervi intrigato un po’ e indotto a leggerlo, perché credetemi di una cosa sono certa, City in Embers è una lettura emotivamente intensa e che lascia un segno.

Giudizio complessivo: bellissimo.

RECENSIONE A CURA DI
MISST
misst.books@gmail.com

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